Obiettivi, implicazioni e principi della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane
La direttiva europea sul trattamento delle acque reflue urbane (UWWTD) attualmente in vigore è stata adottata nel 1991 con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento delle acque causato dalle acque reflue provenienti dalle aree urbane. Nel 2022, per proteggere meglio ambiente e cittadini, si è resa necessaria una revisione, che prevede uno sguardo più ampio sul tema dell’inquinamento.
L’Unione Europea ha quindi stabilito degli obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2040: ma quali sono questi obiettivi? In che modo la direttiva interessa gli operatori del settore? E cosa s’intende con il principio “chi inquina paga”?
Continua a leggere per trovare le risposte a queste domande.
Gli obiettivi della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane da raggiungere entro il 2040
L’Unione europea ha stabilito degli obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2040 attraverso una serie di misure e strategie. Una di queste è l’obbligo per gli Stati membri e delle autorità locali di identificare le aree urbane che non rispettano gli standard minimi di trattamento delle acque reflue urbane e di elaborare piani di azione per migliorare la situazione.
Di seguito gli obiettivi previsti per il settore da raggiungere entro il 2040:
- Raggiungere la neutralità energetica e climatica
- “Chi inquina paga”: responsabilizzare le industrie (soprattutto farmaceutiche e cosmetiche) nel trattamento dei microinquinanti tossici
- Migliorare l’accesso ai servizi igienico-sanitari
- Imporre il monitoraggio dei parametri sanitari nelle acque reflue
In che modo la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane interessa gli operatori?
La direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane riguarda direttamente gli operatori che lavorano nel settore del trattamento delle acque reflue urbane, ad esempio gestori di impianti di depurazione e fornitori di tecnologie per il trattamento delle acque reflue.
In primo luogo, gli operatori devono assicurarsi che i loro impianti di depurazione rispettino gli standard minimi stabiliti dalla direttiva. Ciò potrebbe comportare la necessità di investire in nuove infrastrutture di trattamento delle acque reflue, nonché di migliorare la manutenzione e la gestione dei sistemi esistenti. Gli operatori devono poi continuare a garantire la conformità con le normative locali e nazionali in materia di raccolta, trattamento, monitoraggio e scarico delle acque reflue urbane.
Inoltre, come è accaduto nel 2022, la direttiva potrebbe essere nuovamente oggetto di revisione in futuro: gli operatori devono quindi essere attenti agli sviluppi normativi nel settore e adattare le loro attività di conseguenza.
Infine, gli operatori possono svolgere un ruolo attivo nel raggiungimento degli obiettivi della direttiva entro il 2040, divulgando informazioni utili per la salute pubblica e l’ambiente e promuovendo comportamenti più sostenibili, come l’utilizzo di impianti di trattamento ad alta efficienza energetica o l’introduzione di processi di recupero di risorse.
“Chi inquina paga”: un principio fondamentale della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane
Il principio “chi inquina paga” introduce la responsabilità estesa del produttore, ovvero si basa sul presupposto che le industrie che rilasciano inquinanti nocivi nelle acque reflue a seguito della loro attività debbano essere tenute responsabili per i costi associati alla loro rimozione e al loro trattamento.
Ciò è vero soprattutto per quanto riguarda i settori farmaceutico e cosmetico, attualmente responsabili del 92% del carico di sostanze inquinanti tossiche presenti nelle acque reflue.